Tracce. Presenze artistiche ad Arezzo dal secondo Novecento a oggi
Mario Tozzi, La ragazza dai capelli blu
1977
serigrafia a 18 colori, ed.XXXV/IC
cm 65×75
Mario Tozzi nasce a Isola di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino, studia all’Accademia di belle arti di Bologna nel 1913, dove conosce Morandi e Licini per poi stabilirsi a Parigi dove ritrova Licini e dove entrerà in contatto con i pittori d’avanguardia. Nel 1926 espone alla prima mostra di Novecento, in seguito fonda il Groupe des Sept (Gruppo dei Sette, conosciuti anche come Les Italiens de Paris) con Campigli, de Chirico, de Pisis, Paresce, Savinio e Severini, per poi essere insignito della Legion d’onore dal governo francese. Nel 1938 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, poi di nuovo 1942 e, dopo un periodo di silenzio e gravi problemi di salute, lo ritroviamo in Biennale nel 1948, nel 1952 e nel 1954. Nel 1958 riprende l’attività espositiva presso la galleria Annunciata a Milano, per poi stabilirsi a Suna nel 1960. Di questo periodo sono i dipinti con i suoi fondi bianchi e le sue litografie a colori rappresentanti teste femminili.
AGGIUDICATO
Mario Tozzi, Al circo
1977
litografia a 18 colori, ed.43/99
cm 50×70
Mario Tozzi nasce a Isola di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino, studia all’Accademia di belle arti di Bologna nel 1913, dove conosce Morandi e Licini per poi stabilirsi a Parigi dove ritrova Licini e dove entrerà in contatto con i pittori d’avanguardia. Nel 1926 espone alla prima mostra di Novecento, in seguito fonda il Groupe des Sept (Gruppo dei Sette, conosciuti anche come Les Italiens de Paris) con Campigli, de Chirico, de Pisis, Paresce, Savinio e Severini, per poi essere insignito della Legion d’onore dal governo francese. Nel 1938 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, poi di nuovo 1942 e, dopo un periodo di silenzio e gravi problemi di salute, lo ritroviamo in Biennale nel 1948, nel 1952 e nel 1954. Nel 1958 riprende l’attività espositiva presso la galleria Annunciata a Milano, per poi stabilirsi a Suna nel 1960. Di questo periodo sono i dipinti con i suoi fondi bianchi e le sue litografie a colori rappresentanti teste femminili.
Mario Tozzi, Fanciulla al mare
1978
litografia a 5 colori, ed. 74/99
cm 50×70
Mario Tozzi nasce a Isola di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino, studia all’Accademia di belle arti di Bologna nel 1913, dove conosce Morandi e Licini per poi stabilirsi a Parigi dove ritrova Licini e dove entrerà in contatto con i pittori d’avanguardia. Nel 1926 espone alla prima mostra di Novecento, in seguito fonda il Groupe des Sept (Gruppo dei Sette, conosciuti anche come Les Italiens de Paris) con Campigli, de Chirico, de Pisis, Paresce, Savinio e Severini, per poi essere insignito della Legion d’onore dal governo francese. Nel 1938 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, poi di nuovo 1942 e, dopo un periodo di silenzio e gravi problemi di salute, lo ritroviamo in Biennale nel 1948, nel 1952 e nel 1954. Nel 1958 riprende l’attività espositiva presso la galleria Annunciata a Milano, per poi stabilirsi a Suna nel 1960. Di questo periodo sono i dipinti con i suoi fondi bianchi e le sue litografie a colori rappresentanti teste femminili.
Mario Tozzi, La cometa
1979
acquaforte, ed.35/99 in sanguigna
cm 50,5×37
Mario Tozzi nasce a Isola di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino, studia all’Accademia di belle arti di Bologna nel 1913, dove conosce Morandi e Licini per poi stabilirsi a Parigi dove ritrova Licini e dove entrerà in contatto con i pittori d’avanguardia. Nel 1926 espone alla prima mostra di Novecento, in seguito fonda il Groupe des Sept (Gruppo dei Sette, conosciuti anche come Les Italiens de Paris) con Campigli, de Chirico, de Pisis, Paresce, Savinio e Severini, per poi essere insignito della Legion d’onore dal governo francese. Nel 1938 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, poi di nuovo 1942 e, dopo un periodo di silenzio e gravi problemi di salute, lo ritroviamo in Biennale nel 1948, nel 1952 e nel 1954. Nel 1958 riprende l’attività espositiva presso la galleria Annunciata a Milano, per poi stabilirsi a Suna nel 1960. Di questo periodo sono i dipinti con i suoi fondi bianchi e le sue litografie a colori rappresentanti teste femminili.
Silvio Loffredo
1955
olio su tela
cm 70,5×89,5, entro cornice
firmato e datato sul retro.
Silvio Loffredo nasce nel 1920 a Parigi a Montparnasse, da una famiglia italiana. Suo padre è un pittore professionista e sarà proprio lui a insegnargli i primi segreti del mestiere. Dopo aver seguito i corsi di nudo a la Grand Chaumière, nel 1945 viene in Italia per perfezionare gli studi e frequenta l’Istituto d’Arte di Siena e l’Accademia di Belle Arti di Roma e di Firenze. Nell’immediato dopoguerra torna a Parigi e infine trova casa a Firenze, la città dove sceglie di rimanere per tutta la vita divenendo una delle figure di riferimento del panorama artistico, amico di Ottone Rosai e Ardengo Soffici, promotore di un continuo scambio di esperienze tra Italia e Francia.
Negli anni Sessanta si reca in Svizzera ed entra in contatto con Oskar Kokoschka, che diventerà da quel momento il suo maestro e il suo riferimento culturale e che influenzerà fortemente la sua ricerca stilistica. Ha partecipato con un’esposizione personale alla XXXII Esposizione internazionale d’arte di Venezia e a numerose edizioni della Quadriennale di Roma. È stato titolare dal 1973 al 1990 della Cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
La sua pittura, di impostazione figurativa, si caratterizza per uno stile ironico, libero, molto riconoscibile, di chiara matrice post espressionista. Temi ricorrenti i gatti, i ritratti, i battisteri, immagini di vita in città, i bestiari. Sue opere sono conservate presso la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma e tante altre gallerie pubbliche e private sul tutto il territorio nazionale ed europeo.
Muore a Trebiano in provincia di La Spezia il 28 luglio 2013.
Mino Maccari, ‘Quattro Figure con Donna’
olio su cartone
cm 40×30, entro cornice
firmato in basso a sinistra.
Mino Maccari, (Siena 1898 – Roma 1989) proviene da una piccola famiglia borghese, partecipa come ufficiale di artiglieria di Campagna alla Grande Guerra e, tornato a Siena, studia Giurisprudenza, laureandosi nel 1920. La sua vera passione non sono gli studi giuridici, bens’ il disegno e la pittura: nel 1924 cura la stampa per la rivista ‘Il Selvaggio’, in cui vengono pubblicate le sue prime incisioni e, dopo aver lasciato nel ’26 la carriera forense, è nominato Direttore del periodico che segue sino al 1942. In questi suoi primi anni di attività, in cui il quotidiano si era aperto alla critica artistica – letteraria, collabora con Ardengo Soffici, Ottone Rosai e Achille Lega.
Dal 1927 al 1930 Mino Maccari espone in diverse mostre nazionali e si trasferisce a Torino, dove è nominato caporedattore del giornale ‘La Stampa’.
Lavora molto nel settore editoriale e partecipa a testate come ‘Quadrivio’; ‘Italia letteraria’; ‘L’italiano’; ‘Omnibus’ di Leo Longanesi e, successivamente, scrive su il ‘Primato’ di Giuseppe Bottai. Amplia è la sua produzione di disegnatore: nel 1925 pubblica l’Album di Vallecchi, nel ’28 Il trastullo di Strapaese; nel 1931 realizza Linoleum. Mino Maccari, nel 1934, illustra La vecchia del Bal Bullier di Antonio Baldini e nel 1942 pubblica la cartella Album, seguono Come quando fuori piove e Il superfluo illustrato. La grafica di Mino Maccari è rivolta principalmente alla satira sociale e politica che sembra richiamare indirettamente le opere di James Ensor e George Grosz; mentre, in pittura, pur non discostandosi in maniera eccessiva dalle tematiche dei suoi disegni, accentua maggiormente l’aspetto fantastico, ma le rapide pennellate e le cromie dei suoi dipinti sono unite sempre dal suo segno grafico.
Dopo la Seconda guerra mondiale partecipa a numerose esposizioni e mostre personali: nel 1948 alla Biennale di Venezia gli viene assegnato il premio internazionale per l’incisione; nel 1962 gli è affidata la presidenza all’Accademia dei Lincei e l’anno successivo espone alla Gallery 63 di New York.
Partecipa, inoltre, a svariate esposizioni internazionali di grafica. Nel 1977 presso il Palazzo Pubblico di Siena, la sua città natale, gli viene dedicata una mostra personale.
Maccari muore a Roma il 16 giugno 1989.
AGGIUDICATO
Franco Villoresi, senza titolo
1964/1965
tecnica mista su carta
cm 11×8 entro cornice
Franco Villoresi (Città di Castello 1920 – Rigutino (AR) 1975).
Pittore tra i più noti ed apprezzati dell’immediato secondo Dopoguerra, dopo avere frequentato a Roma il Liceo classico e la Facoltà di giurisprudenza fino al quarto anno, senza conseguire la laurea, nel 1939 conobbe Curzio Malaparte che gli dette lavoro, impiegandolo prima come correttore di bozze e poi come collaboratore redazionale della rivista ‘Prospettive’. Scrisse novelle per bambini e per signore vendendole sotto finto nome ai giornali.
Dopo l’8 settembre 1943 si dette alla macchia in Toscana, nei pressi di Arezzo, e prese contatto con i nuclei della Resistenza. Ricercato, fugg’ in Veneto, dove rimase fino al 1945 fondando e dirigendo un foglio intitolato l”Insurrezione’. Nell’autunno dello stesso anno giunse a Roma, dove espose la ricca produzione grafica realizzata durante il periodo da fuggiasco. Parte dei disegni e degli acquarelli furono esposti alla galleria ‘Il Cortile’, in occasione di una mostra antologica sul disegno contemporaneo.
L’amicizia con Mario Mafai, che lo ospitò nel suo studio, dette avvio ad un sodalizio di lavoro fondamentale per tutta la sua carriera. Il primo grande successo si verificò nel 1950, in occasione di una mostra personale presso la Vetrina di Chiurazzi, introdotta e curata da Mafai. Altrettanto importante per Villoresi fu l’amicizia con Corrado Alvaro e con Ezio Taddei. Dal 1950 espose più volte, non solo in Italia, ma anche all’estero, riscuotendo i favori anche del regista americano John Huston, suo grande collezionista. Nel 1958, dopo un grave incidente d’auto, prefer’ vivere nei dintorni di Arezzo, stabilendosi fino al momento della morte a Rigutino.
Mario Gallorini
acrilico su tela
cm 70×50
Mario Gallorini nacque ad Arezzo il 3 Agosto 1926. Si diplomò al Liceo Artistico a Roma e si inser’ nell’ambiente culturale aretino, fondando insieme ad un gruppo di amici il ‘Gruppo dei pittori aretini’. Attratto dalla pittura italiana del momento, fu influenzato in primis dall’opera di Ottone Rosai. Nelle tele degli anni ’40/’50 affiora questa ispirazione, come pure un certo gusto ‘cubo futurista’, che sembra il normale evolversi della sua opera.
Negli anni ’50 ha cominciato ad insegnare entrando di ruolo come insegnante di Educazione artistica nella scuola media. In quegli anni ha iniziato anche ad esporre e negli stessi anni, nel 1955, fu incaricato dell’insegnamento di ceramica nella Scuola di Arti e Mestieri, istituto fondato ad Arezzo da un suo vecchio insegnante, il pittore Ascanio Pasquini, che nel 1961 sarebbe diventato l’Istituto Statale d’Arte. Affiancato da un maestro ceramista fiorentino, in breve ha imparato i segreti del mestiere e li ha applicati anche alla sua personale produzione. Le due discipline cominciarono ad intersecarsi, l’una dipendeva dall’altra, l’una completava l’altra. Dagli anni ’60 l’artista ha conosciuto una costante crescita, ha partecipato ad importanti manifestazioni come la Rassegna internazionale Primavera nella sede mondiale dell’Unesco, ha realizzato un pannello per la sede SIP di Arezzo, ha arricchito con opere d’arte diverse chiese dell’aretino, ha ornato con un’opera ceramica il Municipio di Goteborg in Svezia e ha ottenuto il Leone d’Oro dell’Unesco a Firenze.
Mario Gallorini, senza titolo
acrilico su tela
cm 30×40
Mario Gallorini nacque ad Arezzo il 3 Agosto 1926. Si diplomò al Liceo Artistico a Roma e si inser’ nell’ambiente culturale aretino, fondando insieme ad un gruppo di amici il ‘Gruppo dei pittori aretini’. Attratto dalla pittura italiana del momento, fu influenzato in primis dall’opera di Ottone Rosai. Nelle tele degli anni ’40/’50 affiora questa ispirazione, come pure un certo gusto ‘cubo futurista’, che sembra il normale evolversi della sua opera.
Negli anni ’50 ha cominciato ad insegnare entrando di ruolo come insegnante di Educazione artistica nella scuola media. In quegli anni ha iniziato anche ad esporre e negli stessi anni, nel 1955, fu incaricato dell’insegnamento di ceramica nella Scuola di Arti e Mestieri, istituto fondato ad Arezzo da un suo vecchio insegnante, il pittore Ascanio Pasquini, che nel 1961 sarebbe diventato l’Istituto Statale d’Arte. Affiancato da un maestro ceramista fiorentino, in breve ha imparato i segreti del mestiere e li ha applicati anche alla sua personale produzione. Le due discipline cominciarono ad intersecarsi, l’una dipendeva dall’altra, l’una completava l’altra. Dagli anni ’60 l’artista ha conosciuto una costante crescita, ha partecipato ad importanti manifestazioni come la Rassegna internazionale Primavera nella sede mondiale dell’Unesco, ha realizzato un pannello per la sede SIP di Arezzo, ha arricchito con opere d’arte diverse chiese dell’aretino, ha ornato con un’opera ceramica il Municipio di Goteborg in Svezia e ha ottenuto il Leone d’Oro dell’Unesco a Firenze.
Venturino Venturi, Gesù
anni Sessanta
tempera su carta
cm 50×35
Venturino Venturi, ( Loro Ciuffenna 1918 – Terranuova Bracciolini 2002 ) segue nel 1921, il padre, antifascista ed emigrante, in Francia e in Lussemburgo, quindi, nel 1934, torna in Italia per completare la propria formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Qui vive pienamente il clima culturale del tempo, stringendo amicizia con il pittore Ottone Rosai, con il poeta Eugenio Montale e con i più giovani scrittori Mario Luzi e Vasco Pratolini. Gli anni della formazione fiorentina si concludono con il secondo conflitto mondiale e la grave ferita sul fronte greco-albanese. La prima esposizione dei suoi lavori si tiene a Firenze con un’entusiastica recensione. Lavora due anni a Milano, dove conosce Lucio Fontana, quindi in Lussemburgo, poi nuovamente in Toscana. Partecipa alle principali rassegne artistiche italiane, tra cui la Biennale di Venezia del 1950. Nel 1954 vince il concorso internazionale per il Monumento a Pinocchio di Collodi, con un impegno artistico e fisico che lo conduce a un periodo di inattività fino al 1960, quando la galleria La Strozzina di Firenze organizza la sua prima antologica, alla quale seguono altri e numerosi riconoscimenti, incarichi pubblici e una intensa attività espositiva in Italia, Francia e Lussemburgo. Nel 1993 il Comune di Loro Ciuffenna, dove Venturino ha scelto di risiedere, inaugura un museo interamente dedicato alla sua opera, e i suoi lavori entrano nelle collezioni permanenti dei grandi musei. Poco dopo la sua scomparsa (2002) viene inaugurata e aperta al pubblico Casa Venturi, la sua casa atelier oggi sede dell’Archivio Venturino Venturi e del Centro di Documentazione per la Scultura Italiana del Novecento.
Franco Onali, senza titolo
anni Ottanta
serigrafia
cm 70×70 entro cornice
Franco Onali (Roma 1932) , ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma e Firenze, con Cipriano Oppo, Marcello Avenali, Ugo Capocchini e Mario Mafai.
Ha frequentato gli studi di Marino Mazzacurati e di Roberto Melli, a Stoccolma è designer nello studio dell’architetto Tham.
Collabora con Mario Marenco fin da giovanissimo, collaborazione che lo porterà a progettare decorazioni per la Banca Lanspar di Stoccolma, per I.C.E, per i padiglioni Italiani dell’Agricoltura di Algeri, per L’Alimentazione a Colonia e per la Lancia a Bologna.
Ha collaborato con i settimanali svedesi Fib e Svenska, per la Rai realizzando scenografie per programmi di Renzo Arbore a Rai-Uno.
Ha disegnato mobili per le ditte Miù, Uving, Cyrus, Company, Le Favero, Linea Uno e Matteo Grassi.
Per un lungo periodo si trasferisce in Arabia Saudita per decorare gli interni di residenze private e alberghi a Jeddah.
Ha esposto i suoi lavori a Bologna, Lugano, Stoccolma, Roma, New York, Tokyo, Las Vegas, Buenos Aires, ha partecipato alla mostra ‘ Oro d’Autore’ del 1988 e del 1992, confermando lo straordinario legame che ha con la città di Arezzo, suo rifugio creativo da sempre.
Franco Onali, senza titolo
anni Ottanta
matita su carta
cm 16×26
Franco Onali (Roma 1932) , ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma e Firenze, con Cipriano Oppo, Marcello Avenali, Ugo Capocchini e Mario Mafai.
Ha frequentato gli studi di Marino Mazzacurati e di Roberto Melli, a Stoccolma è designer nello studio dell’architetto Tham.
Collabora con Mario Marenco fin da giovanissimo, collaborazione che lo porterà a progettare decorazioni per la Banca Lanspar di Stoccolma, per I.C.E, per i padiglioni Italiani dell’Agricoltura di Algeri, per L’Alimentazione a Colonia e per la Lancia a Bologna.
Ha collaborato con i settimanali svedesi Fib e Svenska, per la Rai realizzando scenografie per programmi di Renzo Arbore a Rai-Uno.
Ha disegnato mobili per le ditte Miù, Uving, Cyrus, Company, Le Favero, Linea Uno e Matteo Grassi.
Per un lungo periodo si trasferisce in Arabia Saudita per decorare gli interni di residenze private e alberghi a Jeddah.
Ha esposto i suoi lavori a Bologna, Lugano, Stoccolma, Roma, New York, Tokyo, Las Vegas, Buenos Aires, ha partecipato alla mostra ‘ Oro d’Autore’ del 1988 e del 1992, confermando lo straordinario legame che ha con la città di Arezzo, suo rifugio creativo da sempre.
Franco Onali, senza titolo
anni Ottanta
matita su carta
cm 15×19
Franco Onali (Roma 1932) , ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma e Firenze, con Cipriano Oppo, Marcello Avenali, Ugo Capocchini e Mario Mafai.
Ha frequentato gli studi di Marino Mazzacurati e di Roberto Melli, a Stoccolma è designer nello studio dell’architetto Tham.
Collabora con Mario Marenco fin da giovanissimo, collaborazione che lo porterà a progettare decorazioni per la Banca Lanspar di Stoccolma, per I.C.E, per i padiglioni Italiani dell’Agricoltura di Algeri, per L’Alimentazione a Colonia e per la Lancia a Bologna.
Ha collaborato con i settimanali svedesi Fib e Svenska, per la Rai realizzando scenografie per programmi di Renzo Arbore a Rai-Uno.
Ha disegnato mobili per le ditte Miù, Uving, Cyrus, Company, Le Favero, Linea Uno e Matteo Grassi.
Per un lungo periodo si trasferisce in Arabia Saudita per decorare gli interni di residenze private e alberghi a Jeddah.
Ha esposto i suoi lavori a Bologna, Lugano, Stoccolma, Roma, New York, Tokyo, Las Vegas, Buenos Aires, ha partecipato alla mostra ‘ Oro d’Autore’ del 1988 e del 1992, confermando lo straordinario legame che ha con la città di Arezzo, suo rifugio creativo da sempre.
Dario Polvani, Il colloquio
2014
olio su tavola
cm 59×50 entro cornice
Pittore autodidatta, Dario Polvani è nato ad Arezzo dove vive e lavora in Località San Marco Villalba. Ha allestito varie mostre collettive e personali e fatto parte di varie associazioni di pittori toscani e umbri.Pluripremiato in concorsi di pittura a livello nazionale. Nel 1989 e 1994 ha dipinto il Palio della Balestra di Sansepolcro. In Toscana sue opere si trovano nelle chiese aretine di Pieve a Quarto, di San Clemente in Valle e di Santa Firmina. Nel 2005 ha illustrato la pagina 179 della Enciclopedia del Chianti Senese.Ha esposto in Germania a Regensburg nel 2002, nel 2005 e 2009 a Norimberga e nel 2008 in Francia a Montbeliard in collettiva con i pittori aretini.
Dario Polvani, Reminescenze medievali a Mantignana Castello
2015
olio su tavola
cm 65×60 entro cornice
Pittore autodidatta,Dario Polvani è nato ad Arezzo dove vive e lavora in Località San Marco Villalba. Ha allestito varie mostre collettive e personali e fatto parte di varie associazioni di pittori toscani e umbri.Pluripremiato in concorsi di pittura a livello nazionale. Nel 1989 e 1994 ha dipinto il Palio della Balestra di Sansepolcro. In Toscana sue opere si trovano nelle chiese aretine di Pieve a Quarto, di San Clemente in Valle e di Santa Firmina. Nel 2005 ha illustrato la pagina 179 della Enciclopedia del Chianti Senese.Ha esposto in Germania a Regensburg nel 2002, nel 2005 e 2009 a Norimberga e nel 2008 in Francia a Montbeliard in collettiva con i pittori aretini.
Vittorio Angini, Tramonto al mattino
2023
olio su tavola
cm 62,5×61,5
Vittorio Angini vive e lavora ad Arezzo nell’ Ex Ospizio Francescano di Bagnaia. Ha partecipato alle attività artistiche di molti gruppi culturali tra i quali: il ‘Centro Culturale Artistico Aretino’, ‘Studio 8’, ‘Bottega d’Arte del Valdarno’, ‘Associazione Nazionale Artisti Italiani’.E’ stato invitato alla rassegna di arti figurative di Siena e alle manifestazioni di ‘Bolsena Arte 82’. Tre sue opere fanno parte della mostra itinerante ‘Mondial 1986’.Angini ho frequentato la Scuola di Oreficeria e Gioielleria della ‘UnoAErre’ sviluppando capacità artistiche raffinate tali da essere richiesto dalle più importanti aziende orafe aretine e intraprendere una collaborazione con la Zecca Privata di Roma.Nel 2007, su segnalazione di josè Van Roy Dal’, figlio d’arte del famoso pittore catalano, è stato invitato dal critico Lucia Bonacini a partecipare alla ‘Quadriennale d’Arte Contemporanea leonardo Da Vinci’, tenutasi a Roma presso il ‘Vittoriano’.
Vittorio Angini, Oltre la porta
2019
olio su tavola
cm 90×64,5
Vittorio Angini vive e lavora ad Arezzo nell’ Ex Ospizio Francescano di Bagnaia. Ha partecipato alle attività artistiche di molti gruppi culturali tra i quali: il ‘Centro Culturale Artistico Aretino’, ‘Studio 8’, ‘Bottega d’Arte del Valdarno’, ‘Associazione Nazionale Artisti Italiani’.E’ stato invitato alla rassegna di arti figurative di Siena e alle manifestazioni di ‘Bolsena Arte 82’. Tre sue opere fanno parte della mostra itinerante ‘Mondial 1986’.Angini ho frequentato la Scuola di Oreficeria e Gioielleria della ‘UnoAErre’ sviluppando capacità artistiche raffinate tali da essere richiesto dalle più importanti aziende orafe aretine e intraprendere una collaborazione con la Zecca Privata di Roma.Nel 2007, su segnalazione di josè Van Roy Dal’, figlio d’arte del famoso pittore catalano, è stato invitato dal critico Lucia Bonacini a partecipare alla ‘Quadriennale d’Arte Contemporanea leonardo Da Vinci’, tenutasi a Roma presso il ‘Vittoriano’.
Carmelo Lombardo, L’antico desiderio
2005
olio su cartoncino telato
cm 18×24, entro cornice
firmato in basso a sinistra
Sul retro presenta l’autentica dell’artista
Carmelo Lombardo è siciliano per famiglia e per nascita, ma si è formato nell’ambiente artistico toscano, e più precisamente aretino.Apprese i primi rudimenti della pittura nel contatto con il padre Giuseppe, pittore dilettante ma di notevoli capacità poetiche.Nell’ambiente aretino, che negli anni ’60 era artisticamente vivace, fu accolto ancora adolescente nel gruppo dei pittori locali, affermandosi ben presto per serietà di lavoro e originalità di visione. Superati rapidamente gli schemi culturali e compositivi di provincia, maturò concetti ed esperienze che lo portarono ad essere accolto nel gruppo di artisti francesi che a Parigi avevano affrontato criticamente il problema della figurazione.Divenne così l’esponente italiano del movimento di “Figuration critique” fondato da Maurice Rapin e Mirabelle Dors, i quali affermavano la rivalutazione delle arti figurative fuori dalle tendenze astratte ed informali .Nel 1989 per la prima volta in Italia organizza e cura insieme al critico Nicola Miceli una esposizione della Figuration Critique a PISA a Palazzo Lanfranchi.Nel 1976 Carmelo Lombardo insieme al pittore Sante Monachesi e i critici Franco Cagnetta e Piero Greci danno vita a Caprese Michelangelo al movimento AGRA’ ( Agreste – Arte ) che intende l’Arte come integrazione fra l’Arte stessa, la Natura e la Cucina.
Fabula del Poeta y la Hormiguita, poesie di Rafael Alberti, grafiche di Abel Vallmitjana
Abel Vallmitjana, pittore, scultore e incisore nato in Catalogna nel 1910, giunge ad Arezzo nel 1957 dopo una vita fatta di viaggi ed esperienze in tutto il mondo, che lo avevano segnato nell’anima e influenzato dal punto di vista artistico. Lo spagnolo era un convinto oppositore del regime franchista e cos’, alla pari di molti altri suoi connazionali, aveva lasciato la Spagna per vivere da esule. Durante la sua permanenza in Venezuela conobbe la futura moglie, Clarisa da Silva, con la quale negli anni Cinquanta sbarcò in Italia, spronato da un parente di lei che lavorava all’Ambasciata venezuelana di Roma.
I due si trasferirono a Villa Guillichini, alle porte di Arezzo, nella frazione di Tregozzano. In una delle più belle dimore settecentesche del circondario, immersa nel verde, Vallmitjana trovò dopo tanto pellegrinaggio il suo ambiente ideale.
Abel Vallmitjana Vallés, senza titolo
litografia
cm 48×64 entro cornice
Abel vallmitjana Valles (Catalogna – 1910/ Arezzo 1974) Abel Vallmitjana, pittore, scultore e incisore nato in Catalogna nel 1910, giunge ad Arezzo nel 1957 dopo una vita fatta di viaggi ed esperienze in tutto il mondo, che lo avevano segnato nell’anima e influenzato dal punto di vista artistico. Lo spagnolo era un convinto oppositore del regime franchista e cos’, alla pari di molti altri suoi connazionali, aveva lasciato la Spagna per vivere da esule. Durante la sua permanenza in Venezuela conobbe la futura moglie, Clarisa da Silva, con la quale negli anni Cinquanta sbarcò in Italia, spronato da un parente di lei che lavorava all’Ambasciata venezuelana di Roma.
I due si trasferirono a Villa Guillichini, alle porte di Arezzo, nella frazione di Tregozzano. In una delle più belle dimore settecentesche del circondario, immersa nel verde, Vallmitjana trovò dopo tanto pellegrinaggio il suo ambiente ideale.
Abel Vallmitjana Vallés, senza titolo
litografia
cm 32×42 entro cornice
Abel vallmitjana Valles (Catalogna – 1910/ Arezzo 1974) Abel Vallmitjana, pittore, scultore e incisore nato in Catalogna nel 1910, giunge ad Arezzo nel 1957 dopo una vita fatta di viaggi ed esperienze in tutto il mondo, che lo avevano segnato nell’anima e influenzato dal punto di vista artistico. Lo spagnolo era un convinto oppositore del regime franchista e cos’, alla pari di molti altri suoi connazionali, aveva lasciato la Spagna per vivere da esule. Durante la sua permanenza in Venezuela conobbe la futura moglie, Clarisa da Silva, con la quale negli anni Cinquanta sbarcò in Italia, spronato da un parente di lei che lavorava all’Ambasciata venezuelana di Roma.
I due si trasferirono a Villa Guillichini, alle porte di Arezzo, nella frazione di Tregozzano. In una delle più belle dimore settecentesche del circondario, immersa nel verde, Vallmitjana trovò dopo tanto pellegrinaggio il suo ambiente ideale.
Oltrana, Senza titolo (trittico di sculturine in ottone)
2003
ottone inciso e sagomato
altezza cm 29,8
Ogni sculturina è accompagnata da scheda dettagliata con documentazione fotografica allegata.
Oltrana, Senza titolo (trittico di fotografie con interventi)
2013
fotografia stampata su carta da incisione con interventi a matita verde
cm 40×50
ogni opera è accompagnata da scheda con documentazione e informazioni.
Laura Serafini, Particella
2014
tecnica mista su tavola
cm 60×30
Laura Serafini, nata a Subbiano (AR) nel 1965, vive ed opera ad Arezzo.
Come supporto privilegiato delle sue opere, sceglie vecchie mappe, autentiche cartine realizzate dall’uomo come studio del territorio.
Nella relazione tra gli elementi dello spazio concettualizzato l’artista scova e manifesta i segreti dell’identità umana, un dialogo tra i confini del corpo e quelli che naturalmente e artificialmente il suolo compone.
Attraverso un disegno puro e monocromatico, fatto di linee, curve, dettagli, ombre e spazi vuoti, la rielaborazione delle carte tecniche in senso antropologico diventa il modo di rendere quegli oggetti fondati su astrazioni, rappresentazioni visive della nostra identità.
in esposizione permanente presso: Sensi Arte – Contemporary Art Gallery – Colle di Val d’Elsa (SI)
Laura Serafini, Parallelo
2017
tecnica mista su tavola
cm 35×35
Nata a Subbiano (AR) nel 1965, vive ed opera ad Arezzo.
Come supporto privilegiato delle sue opere, sceglie vecchie mappe, autentiche cartine realizzate dall’uomo come studio del territorio.
Nella relazione tra gli elementi dello spazio concettualizzato l’artista scova e manifesta i segreti dell’identità umana, un dialogo tra i confini del corpo e quelli che naturalmente e artificialmente il suolo compone.
Attraverso un disegno puro e monocromatico, fatto di linee, curve, dettagli, ombre e spazi vuoti, la rielaborazione delle carte tecniche in senso antropologico diventa il modo di rendere quegli oggetti fondati su astrazioni, rappresentazioni visive della nostra identità.
in esposizione permanente presso: Sensi Arte – Contemporary Art Gallery – Colle di Val d’Elsa (SI)
AGGIUDICATO
Maurizio Rapiti, Panchettona col turbante
olio su tela
cm 17×20
Nato a Sansepolcro nel 1985 Maurizio Rapiti muove i suoi primi passi nel mondo dell’arte nello studio del padre, esperto copista, collaborando con lui alla realizzazione dei cosiddetti ‘falsi d’autore’. Tale formazione sarà la base di un percorso che si farà via via più personale, improntato alla sperimentazione e commistione di tecniche ma sempre con lo sguardo rivolto al figurativo. Dal 2017 Rapiti è tornato a dedicarsi ai capolavori del passato, ma questa volta filtrati dalla lente di una maturità capace di farne strumento per esibire la propria personalità. La cura formale e la ricerca del piacere estetico restano dunque alla base di opere che se a uno sguardo superficiale sembrano prendersi gioco dei mostri sacri della pittura classica ad un’osservazione più attenta svelano una critica, venata di ironia, dei nostri tempi. Le opere classiche riviste da Rapiti finiscono per renderci protagonisti e non più solo osservatori di un Arte la cui distanza viene finalmente colmata da un linguaggio comune che dialoga con i nostri riferimenti culturali permettendoci di apprezzare, non senza la giusta dose di ironia, l’arte classica nel suo carattere universale che nella perfezione della forma artistica travalica secoli e culture. Le opere di Rapiti, talvolta eseguite su commissione, sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private in varie città d’Italia.
Maurizio Rapiti, Musicofilo
olio su tela
cm 50×60
Nato a Sansepolcro nel 1985 Maurizio Rapiti muove i suoi primi passi nel mondo dell’arte nello studio del padre, esperto copista, collaborando con lui alla realizzazione dei cosiddetti ‘falsi d’autore’. Tale formazione sarà la base di un percorso che si farà via via più personale, improntato alla sperimentazione e commistione di tecniche ma sempre con lo sguardo rivolto al figurativo. Dal 2017 Rapiti è tornato a dedicarsi ai capolavori del passato, ma questa volta filtrati dalla lente di una maturità capace di farne strumento per esibire la propria personalità. La cura formale e la ricerca del piacere estetico restano dunque alla base di opere che se a uno sguardo superficiale sembrano prendersi gioco dei mostri sacri della pittura classica ad un’osservazione più attenta svelano una critica, venata di ironia, dei nostri tempi. Le opere classiche riviste da Rapiti finiscono per renderci protagonisti e non più solo osservatori di un Arte la cui distanza viene finalmente colmata da un linguaggio comune che dialoga con i nostri riferimenti culturali permettendoci di apprezzare, non senza la giusta dose di ironia, l’arte classica nel suo carattere universale che nella perfezione della forma artistica travalica secoli e culture. Le opere di Rapiti, talvolta eseguite su commissione, sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private in varie città d’Italia.
Tetsuji Endo, pianista
olio su tela
cm 44,5×35 compresa cornice
Tetsuji Endo nasce a Chiba, Giappone il 21 settembre 1977.
Si laurea nel 2002 presso la prestigiosa Università di arte Musashino bijutsu Daigaku di Tokyo con specializzazione nella pittura ad olio. Nello stesso periodo ha eseguito opere di scultura e decorazioni murali e di interni. Dal 1999 al 2002 ha eseguito allestimenti di mostre presso gallerie d’ arte giapponesi ed effettuato promozioni delle stesse. Dal 2002 al 2005 lavora come pittore scenografo presso i teatri Shinbashi e teatro nazionale giapponese di Tokyo, spinto dal desiderio di conoscere piu’ profondamente la cultura giapponese.
Nel 2006 al fine di studiare in maniera piu’ approfondita l’ arte e la cultura italiana, decide di trasferirsi in Italia, paese estremamente ricco di opere d’ arte che da sempre esercitano in
lui grande fascino ed ispirazione. In Italia lavora come decoratore di interni e realizza opere di pittura per clienti privati. Dal 2007 decide di trasferirsi definitivamente in Italia dove negli anni partecipa a mostre personali e collettive in varie città e partecipa anche a diversi concorsi di pittura vincendo il 1° premio in alcuni di questi.
Tetsuji Endo, corridoio d’estate
olio su tela
cm 44×34 compresa cornice
Tetsuji Endo nasce a Chiba, Giappone il 21 settembre 1977.
Si laurea nel 2002 presso la prestigiosa Università di arte Musashino bijutsu Daigaku di Tokyo con specializzazione nella pittura ad olio. Nello stesso periodo ha eseguito opere di scultura e decorazioni murali e di interni. Dal 1999 al 2002 ha eseguito allestimenti di mostre presso gallerie d’ arte giapponesi ed ?effettuato promozioni delle stesse. Dal 2002 al 2005 lavora come pittore scenografo presso i teatri Shinbashi e teatro nazionale giapponese di Tokyo, spinto dal desiderio di conoscere piu’ profondamente la cultura giapponese. Nel 2006 al fine di studiare in maniera piu’ approfondita l’ arte e la cultura italiana, decide di trasferirsi in Italia, paese estremamente ricco di opere d’ arte che da sempre esercitano in lui grande fascino ed ispirazione. In Italia lavora come decoratore di interni e realizza opere di pittura per clienti privati. Dal 2007 decide di trasferirsi definitivamente in Italia dove negli anni partecipa a mostre personali e collettive in varie città e partecipa anche a diversi concorsi di pittura vincendo il 1° premio in alcuni di questi.
Enio Lisi, senza titolo
anni Settanta
tecnica mista
cm 42×34
Enio Lisi ( Arezzo 1939 – Perugia 2018 ) è stato uno dei più prolifici ed interessanti artisti aretini. Insegnante, energico pittore e abilissimo scultore, ceramista, designer, creativo, Lisi è uno di quei giovani artisti che hanno assorbito le energie scaturite dal Premio Arezzo, realizzando fra gli anni 50′ e 70′ opere per molti edifici pubblici e privati della città in collaborazione con Tenti e i fratelli Caporali. Dotato di un intenso cromatismo, di una indubbia tecnica e di una innata versatilità, nella sua prima fase artistica fatta di autoritratti, apprende e rielabora la lezione futurista di Primo Conti, si avvicina successivamente a Picasso e a Braque in lavori di forte impatto emotivo, per legarsi poi alla cultura pop nelle realizzazioni grafiche. Trova nella ceramica la sua vera forza espressiva, durante la seconda fase della sua vita di artista. Ne sono testimoni i grandi pannelli realizzati con l’amico Dario Tenti e presenti in molti edifici di Arezzo.
Enio Lisi, senza titolo
anni Settanta
tecnica mista
cm 42×34
Enio Lisi ( Arezzo 1939 – Perugia 2018 ) è stato uno dei più prolifici ed interessanti artisti aretini. Insegnante, energico pittore e abilissimo scultore, ceramista, designer, creativo, Lisi è uno di quei giovani artisti che hanno assorbito le energie scaturite dal Premio Arezzo, realizzando fra gli anni 50′ e 70′ opere per molti edifici pubblici e privati della città in collaborazione con Tenti e i fratelli Caporali. Dotato di un intenso cromatismo, di una indubbia tecnica e di una innata versatilità, nella sua prima fase artistica fatta di autoritratti, apprende e rielabora la lezione futurista di Primo Conti, si avvicina successivamente a Picasso e a Braque in lavori di forte impatto emotivo, per legarsi poi alla cultura pop nelle realizzazioni grafiche. Trova nella ceramica la sua vera forza espressiva, durante la seconda fase della sua vita di artista. Ne sono testimoni i grandi pannelli realizzati con l’amico Dario Tenti e presenti in molti edifici di Arezzo.
Meri Ciuchi, Ape, Miele, Bocca #2
2020
fotografia analogica bianco e nero ricamata
cm 24×18 entro cornice
Anghiari (IT) 1970. Vive a Sansepolcro 1994 Diploma di Laurea Accademia di Belle Arti /Scenografia – Perugia Esperimenta l’arte nelle sue varie forme: dall’esperienza Teatrale(1994-97) passa alla Pittura per approdare alla Fotografia e attualmente la sua ultima produzione prevede Installazioni ed Arte del ricamo (Embroydery Art). Usa il ricamo in quanto segno indelebile, non può essere rimosso del tutto, modifica la superfice¿ cos’ com’è il personale vissuto. In quasi tutti i suoi ultimi lavori sono presenti insetti che nel percorso creativo si propongono in una sorta di ‘similitudine con l’io’- rappresentazione simbolica
Meri Ciuchi, Ape, Miele, Bocca #1
fotografia analogica bianco e nero ricamata
cm 24×18 entro cornice
Nata ad Anghiari (IT) nel 1970, Meri Ciuchi vive a Sansepolcro 1994 Diploma di Laurea Accademia di Belle Arti /Scenografia – Perugia Esperimenta l’arte nelle sue varie forme: dall’esperienza Teatrale(1994-97) passa alla Pittura per approdare alla Fotografia e attualmente la sua ultima produzione prevede Installazioni ed Arte del ricamo (Embroydery Art). Usa il ricamo in quanto segno indelebile, non può essere rimosso del tutto, modifica la superfice¿ cos’ com’è il personale vissuto. In quasi tutti i suoi ultimi lavori sono presenti insetti che nel percorso creativo si propongono in una sorta di ‘similitudine con l’io’- rappresentazione simbolica
Abigaille, Rimmel
tecnica mista
cm 69×42
Grazia Rossi Forbicioni – Abigaille, nasce ad Arezzo e frequenta la scuola pubblica superiore di Disegno e Storia dell’Arte, indirizzo di scultura e ceramica, sotto la guida di Dario Tenti.
Si forma poi all’Accademia della Moda di Roma e frequenta successivamente un corso di ceramica.
Entra molto presto nel mondo della moda, e collabora negli anni con primarie aziende del settore.
Nel 1986, fonda un proprio marchio ‘Abigaille’, realizzando abiti per donna.
Dopo avere lasciato la professione da stilista, si è dedicata alla passione artistica, scoprendo la carta pesta, materiale che permette una straordinaria sintesi tra pittura e scultura.
Nel Marzo 2019 vince il concorso artistico ‘Omaggio al Premio Arezzo 1959-2019’.
Abigaille, Ramo di quercia
2023
tecnica mista
cm 100×100
Grazia Rossi Forbicioni – Abigaille, nasce ad Arezzo e frequenta la scuola pubblica superiore di Disegno e Storia dell’Arte, indirizzo di scultura e ceramica, sotto la guida di Dario Tenti.
Si forma poi all’Accademia della Moda di Roma e frequenta successivamente un corso di ceramica.
Entra molto presto nel mondo della moda, e collabora negli anni con primarie aziende del settore.
Nel 1986, fonda un proprio marchio ‘Abigaille’, realizzando abiti per donna.
Dopo avere lasciato la professione da stilista, si è dedicata alla passione artistica, scoprendo la carta pesta, materiale che permette una straordinaria sintesi tra pittura e scultura.
Nel Marzo 2019 vince il concorso artistico ‘Omaggio al Premio Arezzo 1959-2019’.
Primo Conti
1975
litografia
cm 33,5×27,5, entro cornice
esemplare 98/100 in basso a sinistra
firmato e datato in basso a destra
Umberto Primo Conti (Firenze 1900 – Fiesole 1988) nasce a Firenze il 16 ottobre 1900.
A dieci anni, iniziò a studiare violino e a frequentare la scuola privata di disegno di Eugenio Chiostri. Nel 1913 esord’ all’Esposizione Internazionale di Pittura, Scultura, Architettura e Bianco e Nero della Società di Belle Arti di Firenze. Sempre nel 1913, durante la mostra futurista di ‘Lacerba,’ conobbe Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giovanni Papini e Aldo Palazzeschi.
Nel 1914 entrò in contatto con Umberto Boccioni di cui visitò la mostra presso la Libreria Gonnelli e restaurò la l’opera Forme uniche nella continuità dello spazio.
Le estati viareggine gli permisero di frequentare la casa di Plinio Nomellini dove conobbe, nel 1915, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Enrico Pea, Moses Levy e Lorenzo Viani. Quattro anni più tardi entrò in contatto anche con Marinetti. Questo apprezzò la sua raccolta di poesie Imbottigliature e lo incoraggiò a seguire la corrente futurista.
Lo stesso anno, in dicembre, si costitu’ ufficialmente il gruppo fiorentino futurista, di cui Conti fu tra i promotori con Rosai, Spina, Venna, Notte e Ginna.
Nel 1919 fondò, con Pavolini, la rivista ‘Il Centone’ sulla quale pubblicò il testo dedicato da quest’ultimo alla sua pittura.
L’anno successivo l’artista cominciò a approfondire lo studio dei maestri del Quattrocento e del Seicento, oltre ad aderire alla Prima corporazione nazionale delle arti decorative. Partecipò poi alla Biennali veneziane e romane e alle esposizioni nazionali ed internazionali più importanti, tra cui l’Exposition National d’Art Moderne organizzata da Prampolini a Ginevra nel ’20. Due anni dopo conobbe Giorgio De Chirico e fondò una nuova rivista satirica ‘L’Enciclopedia’.
Nel ’26 partecipò alla XV Biennale internazionale d’Arte a Venezia. Frequentò, nel 1928, Luigi Pirandello, di cui esegu’ il ritratto presentato alla II Esposizione del Novecento. Nel 1935 fu invitato dal Maggio Musicale Fiorentino a collaborare con Sironi, Casorati e De Chirico al rinnovamento delle scenografie del Teatro Lirico.
Con quest’ultimo, all’inizio degli anni Quaranta, espose in due mostre alla Galleria Firenze. Nel 1941 diventò titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ventun anni più tardi celebrò il cinquantenario dell’attività con una mostra organizzata a Palazzo Strozzi a Firenze.
Realizzò nel ’74 una personale al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nell’80 si inaugurò la Fondazione Primo Conti presso Villa La Coste a Fiesole.
Primo Conti mor’ a Fiesole il 2 novembre 1988.
Primo Conti
doppia datazione 1917/1975
litografia
cm 48×31,5, entro cornice
esemplare 98/100 in basso a sinistra
timbro a secco ‘GraphStudioFirenze’ in basso a sinistra
firmato e datato in basso a destra
Umberto Primo Conti (Firenze 1900 – Fiesole 1988) nasce a Firenze il 16 ottobre 1900.
A dieci anni, iniziò a studiare violino e a frequentare la scuola privata di disegno di Eugenio Chiostri. Nel 1913 esord’ all’Esposizione Internazionale di Pittura, Scultura, Architettura e Bianco e Nero della Società di Belle Arti di Firenze. Sempre nel 1913, durante la mostra futurista di ‘Lacerba,’ conobbe Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giovanni Papini e Aldo Palazzeschi.
Nel 1914 entrò in contatto con Umberto Boccioni di cui visitò la mostra presso la Libreria Gonnelli e restaurò la l’opera Forme uniche nella continuità dello spazio.
Le estati viareggine gli permisero di frequentare la casa di Plinio Nomellini dove conobbe, nel 1915, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Enrico Pea, Moses Levy e Lorenzo Viani. Quattro anni più tardi entrò in contatto anche con Marinetti. Questo apprezzò la sua raccolta di poesie Imbottigliature e lo incoraggiò a seguire la corrente futurista.
Lo stesso anno, in dicembre, si costitu’ ufficialmente il gruppo fiorentino futurista, di cui Conti fu tra i promotori con Rosai, Spina, Venna, Notte e Ginna.
Nel 1919 fondò, con Pavolini, la rivista ‘Il Centone’ sulla quale pubblicò il testo dedicato da quest’ultimo alla sua pittura.
L’anno successivo l’artista cominciò a approfondire lo studio dei maestri del Quattrocento e del Seicento, oltre ad aderire alla Prima corporazione nazionale delle arti decorative. Partecipò poi alla Biennali veneziane e romane e alle esposizioni nazionali ed internazionali più importanti, tra cui l’Exposition National d’Art Moderne organizzata da Prampolini a Ginevra nel ’20. Due anni dopo conobbe Giorgio De Chirico e fondò una nuova rivista satirica ‘L’Enciclopedia’.
Nel ’26 partecipò alla XV Biennale internazionale d’Arte a Venezia. Frequentò, nel 1928, Luigi Pirandello, di cui esegu’ il ritratto presentato alla II Esposizione del Novecento. Nel 1935 fu invitato dal Maggio Musicale Fiorentino a collaborare con Sironi, Casorati e De Chirico al rinnovamento delle scenografie del Teatro Lirico.
Con quest’ultimo, all’inizio degli anni Quaranta, espose in due mostre alla Galleria Firenze. Nel 1941 diventò titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ventun anni più tardi celebrò il cinquantenario dell’attività con una mostra organizzata a Palazzo Strozzi a Firenze.
Realizzò nel ’74 una personale al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nell’80 si inaugurò la Fondazione Primo Conti presso Villa La Coste a Fiesole.
Primo Conti mor’ a Fiesole il 2 novembre 1988.
Primo Conti
doppia datazione 1919/1982
acquaforte
cm 24×18,5, entro cornice
esemplare 55/130 in basso a sinistra
timbro a secco ‘Edizioni d’Arte Cantini’ in basso a destra
firmato e datato in basso a destra
Umberto Primo Conti (Firenze 1900 – Fiesole 1988) nasce a Firenze il 16 ottobre 1900.
A dieci anni, iniziò a studiare violino e a frequentare la scuola privata di disegno di Eugenio Chiostri. Nel 1913 esord’ all’Esposizione Internazionale di Pittura, Scultura, Architettura e Bianco e Nero della Società di Belle Arti di Firenze. Sempre nel 1913, durante la mostra futurista di ‘Lacerba,’ conobbe Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giovanni Papini e Aldo Palazzeschi.
Nel 1914 entrò in contatto con Umberto Boccioni di cui visitò la mostra presso la Libreria Gonnelli e restaurò la l’opera Forme uniche nella continuità dello spazio.
Le estati viareggine gli permisero di frequentare la casa di Plinio Nomellini dove conobbe, nel 1915, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Enrico Pea, Moses Levy e Lorenzo Viani. Quattro anni più tardi entrò in contatto anche con Marinetti. Questo apprezzò la sua raccolta di poesie Imbottigliature e lo incoraggiò a seguire la corrente futurista.
Lo stesso anno, in dicembre, si costitu’ ufficialmente il gruppo fiorentino futurista, di cui Conti fu tra i promotori con Rosai, Spina, Venna, Notte e Ginna.
Nel 1919 fondò, con Pavolini, la rivista ‘Il Centone’ sulla quale pubblicò il testo dedicato da quest’ultimo alla sua pittura.
L’anno successivo l’artista cominciò a approfondire lo studio dei maestri del Quattrocento e del Seicento, oltre ad aderire alla Prima corporazione nazionale delle arti decorative. Partecipò poi alla Biennali veneziane e romane e alle esposizioni nazionali ed internazionali più importanti, tra cui l’Exposition National d’Art Moderne organizzata da Prampolini a Ginevra nel ’20. Due anni dopo conobbe Giorgio De Chirico e fondò una nuova rivista satirica ‘L’Enciclopedia’.
Nel ’26 partecipò alla XV Biennale internazionale d’Arte a Venezia. Frequentò, nel 1928, Luigi Pirandello, di cui esegu’ il ritratto presentato alla II Esposizione del Novecento. Nel 1935 fu invitato dal Maggio Musicale Fiorentino a collaborare con Sironi, Casorati e De Chirico al rinnovamento delle scenografie del Teatro Lirico.
Con quest’ultimo, all’inizio degli anni Quaranta, espose in due mostre alla Galleria Firenze. Nel 1941 diventò titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ventun anni più tardi celebrò il cinquantenario dell’attività con una mostra organizzata a Palazzo Strozzi a Firenze.
Realizzò nel ’74 una personale al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nell’80 si inaugurò la Fondazione Primo Conti presso Villa La Coste a Fiesole.
Primo Conti mor’ a Fiesole il 2 novembre 1988.
Primo Conti
doppia datazione 1914/1982
acquaforte
cm 24×18,5, entro cornice
esemplare 55/130 in basso a sinistra
timbro a secco ‘Edizioni d’Arte Cantini’ in basso a destra
firmato e datato in basso a destra
Umberto Primo Conti (Firenze 1900 – Fiesole 1988) nasce a Firenze il 16 ottobre 1900.
A dieci anni, iniziò a studiare violino e a frequentare la scuola privata di disegno di Eugenio Chiostri. Nel 1913 esord’ all’Esposizione Internazionale di Pittura, Scultura, Architettura e Bianco e Nero della Società di Belle Arti di Firenze. Sempre nel 1913, durante la mostra futurista di ‘Lacerba,’ conobbe Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giovanni Papini e Aldo Palazzeschi.
Nel 1914 entrò in contatto con Umberto Boccioni di cui visitò la mostra presso la Libreria Gonnelli e restaurò la l’opera Forme uniche nella continuità dello spazio.
Le estati viareggine gli permisero di frequentare la casa di Plinio Nomellini dove conobbe, nel 1915, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Enrico Pea, Moses Levy e Lorenzo Viani. Quattro anni più tardi entrò in contatto anche con Marinetti. Questo apprezzò la sua raccolta di poesie Imbottigliature e lo incoraggiò a seguire la corrente futurista.
Lo stesso anno, in dicembre, si costitu’ ufficialmente il gruppo fiorentino futurista, di cui Conti fu tra i promotori con Rosai, Spina, Venna, Notte e Ginna.
Nel 1919 fondò, con Pavolini, la rivista ‘Il Centone’ sulla quale pubblicò il testo dedicato da quest’ultimo alla sua pittura.
L’anno successivo l’artista cominciò a approfondire lo studio dei maestri del Quattrocento e del Seicento, oltre ad aderire alla Prima corporazione nazionale delle arti decorative. Partecipò poi alla Biennali veneziane e romane e alle esposizioni nazionali ed internazionali più importanti, tra cui l’Exposition National d’Art Moderne organizzata da Prampolini a Ginevra nel ’20. Due anni dopo conobbe Giorgio De Chirico e fondò una nuova rivista satirica ‘L’Enciclopedia’.
Nel ’26 partecipò alla XV Biennale internazionale d’Arte a Venezia. Frequentò, nel 1928, Luigi Pirandello, di cui esegu’ il ritratto presentato alla II Esposizione del Novecento. Nel 1935 fu invitato dal Maggio Musicale Fiorentino a collaborare con Sironi, Casorati e De Chirico al rinnovamento delle scenografie del Teatro Lirico.
Con quest’ultimo, all’inizio degli anni Quaranta, espose in due mostre alla Galleria Firenze. Nel 1941 diventò titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ventun anni più tardi celebrò il cinquantenario dell’attività con una mostra organizzata a Palazzo Strozzi a Firenze.
Realizzò nel ’74 una personale al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nell’80 si inaugurò la Fondazione Primo Conti presso Villa La Coste a Fiesole.
Primo Conti mor’ a Fiesole il 2 novembre 1988.
Primo Conti
doppia datazione 1917/1982
acquaforte
cm 23,5×18,5, entro cornice
esemplare 55/130 in basso a sinistra
timbro a secco ‘Edizioni d’Arte Cantini’ in basso a destra
firmato e datato in basso a destra
Umberto Primo Conti (Firenze 1900 – Fiesole 1988) nasce a Firenze il 16 ottobre 1900.
A dieci anni, iniziò a studiare violino e a frequentare la scuola privata di disegno di Eugenio Chiostri. Nel 1913 esord’ all’Esposizione Internazionale di Pittura, Scultura, Architettura e Bianco e Nero della Società di Belle Arti di Firenze. Sempre nel 1913, durante la mostra futurista di ‘Lacerba,’ conobbe Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giovanni Papini e Aldo Palazzeschi.
Nel 1914 entrò in contatto con Umberto Boccioni di cui visitò la mostra presso la Libreria Gonnelli e restaurò la l’opera Forme uniche nella continuità dello spazio.
Le estati viareggine gli permisero di frequentare la casa di Plinio Nomellini dove conobbe, nel 1915, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Enrico Pea, Moses Levy e Lorenzo Viani. Quattro anni più tardi entrò in contatto anche con Marinetti. Questo apprezzò la sua raccolta di poesie Imbottigliature e lo incoraggiò a seguire la corrente futurista.
Lo stesso anno, in dicembre, si costitu’ ufficialmente il gruppo fiorentino futurista, di cui Conti fu tra i promotori con Rosai, Spina, Venna, Notte e Ginna.
Nel 1919 fondò, con Pavolini, la rivista ‘Il Centone’ sulla quale pubblicò il testo dedicato da quest’ultimo alla sua pittura.
L’anno successivo l’artista cominciò a approfondire lo studio dei maestri del Quattrocento e del Seicento, oltre ad aderire alla Prima corporazione nazionale delle arti decorative. Partecipò poi alla Biennali veneziane e romane e alle esposizioni nazionali ed internazionali più importanti, tra cui l’Exposition National d’Art Moderne organizzata da Prampolini a Ginevra nel ’20. Due anni dopo conobbe Giorgio De Chirico e fondò una nuova rivista satirica ‘L’Enciclopedia’.
Nel ’26 partecipò alla XV Biennale internazionale d’Arte a Venezia. Frequentò, nel 1928, Luigi Pirandello, di cui esegu’ il ritratto presentato alla II Esposizione del Novecento. Nel 1935 fu invitato dal Maggio Musicale Fiorentino a collaborare con Sironi, Casorati e De Chirico al rinnovamento delle scenografie del Teatro Lirico.
Con quest’ultimo, all’inizio degli anni Quaranta, espose in due mostre alla Galleria Firenze. Nel 1941 diventò titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ventun anni più tardi celebrò il cinquantenario dell’attività con una mostra organizzata a Palazzo Strozzi a Firenze.
Realizzò nel ’74 una personale al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nell’80 si inaugurò la Fondazione Primo Conti presso Villa La Coste a Fiesole.
Primo Conti mor’ a Fiesole il 2 novembre 1988.
Roberto Naccari, senza titolo
acrilico su tela
cm 18×24 entro cornice
Roberto Naccari (Porto Tolle – 1935/ Arezzo – 2022)
Nato a Porto Tolle provincia di Rovigo, ha vissuto gran parte della sua vita e del suo lavoro ad Arezzo dove negli anni 70′ è stato uno degli esponenti più significativi del neorealismo figurativo. L’artista ha esplorato gli uomini che partono, quelli che non riescono a partire e quelli, come ci ripropone ogni epoca, che cadono come un trapezista senza rete. Il noto collezionista ed esperto d’arte Guido Galimberti ha detto che la pittura di Naccari ‘è la faccia spigolosa e dolente di un esodo’. Ha esposto con mostre personali e collettive d’arte in Italia e all’estero, conseguendo ovunque lusinghieri apprezzamenti di critica e di pubblico. Numerosi i premi ricevuti, fra i quali quello per il dipinto ‘Esodo’ del 1977 che ottenne il Premio Rassegna Primavera al Palais de l’U.N.E.S.C.O.
Roberto Naccari, senza titolo
acrilico su tela
cm 18×24 entro cornice
Roberto Naccari (Porto Tolle – 1935/ Arezzo – 2022)
Nato a Porto Tolle provincia di Rovigo, ha vissuto gran parte della sua vita e del suo lavoro ad Arezzo dove negli anni 70′ è stato uno degli esponenti più significativi del neorealismo figurativo. L’artista ha esplorato gli uomini che partono, quelli che non riescono a partire e quelli, come ci ripropone ogni epoca, che cadono come un trapezista senza rete. Il noto collezionista ed esperto d’arte Guido Galimberti ha detto che la pittura di Naccari ‘è la faccia spigolosa e dolente di un esodo’. Ha esposto con mostre personali e collettive d’arte in Italia e all’estero, conseguendo ovunque lusinghieri apprezzamenti di critica e di pubblico. Numerosi i premi ricevuti, fra i quali quello per il dipinto ‘Esodo’ del 1977 che ottenne il Premio Rassegna Primavera al Palais de l’U.N.E.S.C.O.
Eliana Sevillano, senza titolo
acrilico su tela
cm 50×50
Eliana Sevillano, nota a livello internazionale, è nata a La Paz (Bolivia) ed ha studiato all’Accademia di Belle Arti Di Caracas (Venezuela), oltre che in Italia. Sue opere sono conservate in collezioni pubbliche e private, sia italiane che straniere. Attualmente vive ad Arezzo, località Olmo, con il marito Paolo Caponi, scultore e fotografo.
L’uomo è natura. Appartiene all’ordine naturale delle cose. E, di riflesso, tutto quello che connota questa terra, per ibridazione, si somiglia.
Da questi presupposti Eliana Sevigliano prende spunto ed ispirazione, comunicando con i suoi lavori il comune senso di appartenenza alla dimensione naturale della vita, offrendo la possibilità di ritrovarsi e di identificarsi nelle soluzioni materiche che sta adottando.
Eliana Sevillano, senza titolo
acrilico su tela
cm 50×50
Eliana Sevillano, nota a livello internazionale, è nata a La Paz (Bolivia) ed ha studiato all’Accademia di Belle Arti Di Caracas (Venezuela), oltre che in Italia. Sue opere sono conservate in collezioni pubbliche e private, sia italiane che straniere. Attualmente vive ad Arezzo, località Olmo, con il marito Paolo Caponi, scultore e fotografo.
L’uomo è natura. Appartiene all’ordine naturale delle cose. E, di riflesso, tutto quello che connota questa terra, per ibridazione, si somiglia.
Da questi presupposti Eliana Sevigliano prende spunto ed ispirazione, comunicando con i suoi lavori il comune senso di appartenenza alla dimensione naturale della vita, offrendo la possibilità di ritrovarsi e di identificarsi nelle soluzioni materiche che sta adottando.
Paolo Caponi, senza titolo
2015
carboncino e acrilico su carta
cm 74×53
Paolo Caponi nasce ad Arezzo nel 1943. Dopo aver frequentato negli anni Sessanta l’Accademia di Belle Arti di Perugia, va alla ricerca di un suo linguaggio personale sia nella fotografia, sia nella scultura. In carriera ha esposto con personali e collettive in Italia, Venezuela, Francia, Spagna e Stati Uniti. Nel 1986 realizza il progetto per la Colonna Androgena di Caracas. Nel 1994 crea la medaglia del 50° Anniversario della Resistenza per il Comune di Arezzo.
Paolo Caponi, senza titolo
2015
carboncino e acrilico su carta
cm 74×53
Paolo Caponi nasce ad Arezzo nel 1943. Dopo aver frequentato negli anni Sessanta l’Accademia di Belle Arti di Perugia, va alla ricerca di un suo linguaggio personale sia nella fotografia, sia nella scultura. In carriera ha esposto con personali e collettive in Italia, Venezuela, Francia, Spagna e Stati Uniti. Nel 1986 realizza il progetto per la Colonna Androgena di Caracas. Nel 1994 crea la medaglia del 50° Anniversario della Resistenza per il Comune di Arezzo.
Fabrizio Cioci, Staniero
2022
pietra di fiume, rame ossidato e ferro (impianto elettrico LED)
cm 34x23x14
Visitando i borghi più antichi delle vallate appenniniche, può capitare di vedere volti scolpiti nella pietra in una facciata o in un angolo di una casa.
Alcuni hanno espressioni neutre, altri sembrano sbeffeggiare e schernire i loro ammiratori, più spesso sono figure con sguardi minacciosi.
La loro origine sembra derivare da una antica usanza delle popolazioni liguri o, forse, celtiche.
Alcuni attribuiscono la loro diffusione alla cultura dei Longobardi: pare fosse una loro pratica porre come monito, all’ entrata delle abitazioni o ai confini delle proprietà, le teste recise dei nemici o di animali predatori, intimando cos’ ai malintenzionati di non andare oltre. Nel tempo le teste dei nemici furono sostituite da raffigurazioni simboliche, generalmente di fattura molto rozza, primitiva, eseguita da mani popolari, solo raramente si riscontra la mano di scalpellini esperti.
Ai miei occhi però, restituiscono una forte espressività, a volte commovente.
La zona in cui vivo fu terra di frontiera, territorio conteso tra i Bizantini, insediati nella Val Tiberina ed i Longobardi che qui posero un forte avamposto per poi dilagare in un’invasione di tutto il territorio appenninico fino alla Calabria.
E furono, sembra, proprio i Bizantini a chiamare con disprezzo questa parte del basso Casentino ‘Terra Barbaritana’.
Un forte legame con un territorio e la sua storia caratterizza la mia ricerca ed i miei lavori. Fabrizio Cioci, vive e lavora a Subbiano, Arezzo.
AGGIUDICATO
Fabrizio Cioci, Composizione
2022
legno, pietra e carta, assemblaggio plurimaterico
cm 47×39,5×4
Visitando i borghi più antichi delle vallate appenniniche, può capitare di vedere volti scolpiti nella pietra in una facciata o in un angolo di una casa.
Alcuni hanno espressioni neutre, altri sembrano sbeffeggiare e schernire i loro ammiratori, più spesso sono figure con sguardi minacciosi.
La loro origine sembra derivare da una antica usanza delle popolazioni liguri o, forse, celtiche.
Alcuni attribuiscono la loro diffusione alla cultura dei Longobardi: pare fosse una loro pratica porre come monito, all’ entrata delle abitazioni o ai confini delle proprietà, le teste recise dei nemici o di animali predatori, intimando cos’ ai malintenzionati di non andare oltre. Nel tempo le teste dei nemici furono sostituite da raffigurazioni simboliche, generalmente di fattura molto rozza, primitiva, eseguita da mani popolari, solo raramente si riscontra la mano di scalpellini esperti.
Ai miei occhi però, restituiscono una forte espressività, a volte commovente.
La zona in cui vivo fu terra di frontiera, territorio conteso tra i Bizantini, insediati nella Val Tiberina ed i Longobardi che qui posero un forte avamposto per poi dilagare in un’invasione di tutto il territorio appenninico fino alla Calabria.
E furono, sembra, proprio i Bizantini a chiamare con disprezzo questa parte del basso Casentino ‘Terra Barbaritana’.
Un forte legame con un territorio e la sua storia caratterizza la mia ricerca ed i miei lavori. Fabrizio Cioci, vive e lavora a Subbiano, Arezzo.
Antonella Cedro, Senza titolo
2020
pastello e acrilico su carta
cm 60×40
Antonella fin da piccola ama il disegno e la pittura. Si ingegna in ogni modo per esprimere questo innato senso artistico, fino a che comincia a conoscere la storia dell’arte e ad amare i grandi maestri che hanno contraddistinto la pittura del 900′, Paul Klee, Mirò, Kandinski, Picasso, Schiele, Klimt, Modigliani. Ma soprattutto, la sua indole e la sua capacità di sentire la realtà la avvicina alla pittura tribale, all’espressione diretta dei propri sentimenti e dei propri stati d’animo attraverso materiali e forme elementari, quelli a portata di mano, che siano disponibili quando si vuole fermare l’attimo sulla tela.
Antonella si serve di materiali di ogni genere, dalla tela pregiata al canovaccio, dalla plastica al vetro e al legno, spesso utilizza materiali di riciclo. Il disegno è lineare e semplice ma ha un tratteggio deciso, le forme non sono mai spigolose, piuttosto morbide ed arrotondate. Le figure, soprattutto primi piani, sono spesso solo delineate, e quasi mai i volti o gli oggetti riportano dettagli, lasciando libero campo alle idee e alla fantasia di chi guarda, perché l’arte non imponga i propri concetti, ma serva da stimolo per indurre alla riflessione interiore.
La ricercata primitività delle linee si accompagna alla vivacità dei colori, per lo più ad acrilico, a volte usati con precisione, a volte spruzzati con rabbia, a tratti cupi, a tratti brillanti e luminosi, per dare enfasi alla voce dell’anima e del cuore, che in quell’istante si esprimono attraverso il pennello.
Antonella Cedro, Senza titolo
2020
pastello e acrilico su carta
cm 60×40
Antonella fin da piccola ama il disegno e la pittura. Si ingegna in ogni modo per esprimere questo innato senso artistico, fino a che comincia a conoscere la storia dell’arte e ad amare i grandi maestri che hanno contraddistinto la pittura del 900′, Paul Klee, Mirò, Kandinski, Picasso, Schiele, Klimt, Modigliani. Ma soprattutto, la sua indole e la sua capacità di sentire la realtà la avvicina alla pittura tribale, all’espressione diretta dei propri sentimenti e dei propri stati d’animo attraverso materiali e forme elementari, quelli a portata di mano, che siano disponibili quando si vuole fermare l’attimo sulla tela.
Antonella si serve di materiali di ogni genere, dalla tela pregiata al canovaccio, dalla plastica al vetro e al legno, spesso utilizza materiali di riciclo. Il disegno è lineare e semplice ma ha un tratteggio deciso, le forme non sono mai spigolose, piuttosto morbide ed arrotondate. Le figure, soprattutto primi piani, sono spesso solo delineate, e quasi mai i volti o gli oggetti riportano dettagli, lasciando libero campo alle idee e alla fantasia di chi guarda, perché l’arte non imponga i propri concetti, ma serva da stimolo per indurre alla riflessione interiore.
La ricercata primitività delle linee si accompagna alla vivacità dei colori, per lo più ad acrilico, a volte usati con precisione, a volte spruzzati con rabbia, a tratti cupi, a tratti brillanti e luminosi, per dare enfasi alla voce dell’anima e del cuore, che in quell’istante si esprimono attraverso il pennello.
Maura Giussani, Tram in piazza Cordusio
2012
olio su tela
cm 50×50
Maura Giussani, nasce a Milano nel 1952 e si diploma presso il Liceo Artistico ‘ Beato Angelico’ della sua città natale. Si trasferisce ad arezzo nel 1977. Ha frequentato un corso del maestro A. Marrone, dal quale ha appreso le tecniche pittoriche che l’hanno stimolata, in seguito, a sperimentare soggetti
e stili differenti. I suoi soggetti preferiti sono, comunque, lo studio delle luci e dei riflessi in tutte le loro manifestazioni.
Ha partecipato a numerose collettive e personali in siti artistico – culturali di importanza nazionale e negli ultimi anni anche in sedi all’estero ( Francia, Svezia, Austria, Svizzera, New-York e Dubai ) riscuotendo grandi consensi da parte di critici e collezionisti.
Maura Giussani, Interno
2018
acrilico su cartoncino
cm 13×18
Maura Giussani, nasce a Milano nel 1952 e si diploma presso il Liceo Artistico ‘ Beato Angelico’ della sua città natale. Si trasferisce ad arezzo nel 1977. Ha frequentato un corso del maestro A. Marrone, dal quale ha appreso le tecniche pittoriche che l’hanno stimolata, in seguito, a sperimentare soggetti
e stili differenti. I suoi soggetti preferiti sono, comunque, lo studio delle luci e dei riflessi in tutte le loro manifestazioni.
Ha partecipato a numerose collettive e personali in siti artistico – culturali di importanza nazionale e negli ultimi anni anche in sedi all’estero ( Francia, Svezia, Austria, Svizzera, New-York e Dubai ) riscuotendo grandi consensi da parte di critici e collezionisti.
Zenone, paesaggio
1977
acrilico su tela
cm 12×25 entro cornice
Emilio Giunchi, pittore naif molto conosciuto in Italia e all’estero, è conosciuto in arte come Zenone. L’artista spiega il motivo di tale appellativo: ‘ In arte ho scelto questo appellativo perchè mi lega a un ricordo importante, difatti Zenone è il Santo celebrato il giorno in cui eseguii il mio primo dipinto’.
Nato ad Arezzo nel 1936, si è sempre dedicato alla cultura e all’arte. Cominciò a dipingere negli anni ’60 e nel decennio successivo cominciò ad esporre i suoi quadri.
Emilio Giunchi appartiene dunque al gruppo di artisti italiani ‘naif’, molto apprezzati in Europa per il loro candido stile, naturale e primitivo, anche se personalissima, ironica e raffinata è la sua interpretazione.
Egli si è inserito presto nella folta schiera dei ‘naïf’ italiani con una pittura pulita che mostra un idillio naturalistico, una semplificazione degli elementi architettonici sia rurali che cittadini, una festosità dei colori, un gusto primitivo del racconto della vita e della gente con dei risultati molto alti e convincenti.
Utilizzando il paesaggio toscano come punto di partenza, i dipinti di Zenone sanno catturare i dettagli della vita quotidiana nei borghi italiani.
Zenone, paesaggio 2
1977
acrilico su tela
cm 20×40 entro cornice
Emilio Giunchi, pittore naif molto conosciuto in Italia e all’estero, è conosciuto in arte come Zenone. L’artista spiega il motivo di tale appellativo: ‘ In arte ho scelto questo appellativo perchè mi lega a un ricordo importante, difatti Zenone è il Santo celebrato il giorno in cui eseguii il mio primo dipinto’.
Nato ad Arezzo nel 1936, si è sempre dedicato alla cultura e all’arte. Cominciò a dipingere negli anni ’60 e nel decennio successivo cominciò ad esporre i suoi quadri.
Emilio Giunchi appartiene dunque al gruppo di artisti italiani ‘naif’, molto apprezzati in Europa per il loro candido stile, naturale e primitivo, anche se personalissima, ironica e raffinata è la sua interpretazione.
Egli si è inserito presto nella folta schiera dei ‘naïf’ italiani con una pittura pulita che mostra un idillio naturalistico, una semplificazione degli elementi architettonici sia rurali che cittadini, una festosità dei colori, un gusto primitivo del racconto della vita e della gente con dei risultati molto alti e convincenti.
Utilizzando il paesaggio toscano come punto di partenza, i dipinti di Zenone sanno catturare i dettagli della vita quotidiana nei borghi italiani.
Andreina Giorgia Carpenito, Vita
2021
mosaico
cm 15×15
Andreina Giorgia Carpenito
Nata a Sursee (Svizzera) il 16/11/1970, lavora ed opera ad Arezzo come libera professionista. Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Arezzo e l’Accademia delle Belle di Firenze. Dopo una carriera come artista e modellista e la partecipazione a mostre in Italia e all’estero, dal 1997 si occupa del cantiere del Mosaico della Chiesa Dello Spirito Santo di Indicatore. Questo progetto nasce per la riqualificazione di una chiesa che doveva essere demolita. Grazie alla volontà del parroco Don Santi Chioccioli e alla determinazione dell’artista Andreina Giorgia Carpenito il lavoro di ristrutturazione artistica iniziato nel 1997 ancora prosegue. Andreina ha realizzato negli anni opere di grandi dimensioni: una pala d’ altare dedicata alla Pentecoste, le vetrate dipinte nell’abside dedicate alla Trinità (2004). Nel 2012 nasce l’ Associazione Culturale
Ezechiele APS che si occuperà dello stato di avanzamento e promozione del Mosaico.
Andreina Giorgia Carpenito, Rivoli
2019
cm 15×15
Andreina Giorgia Carpenito
Nata a Sursee (Svizzera) il 16/11/1970, lavora ed opera ad Arezzo come libera professionista. Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Arezzo e l’Accademia delle Belle di Firenze. Dopo una carriera come artista e modellista e la partecipazione a mostre in Italia e all’estero, dal 1997 si occupa del cantiere del Mosaico della Chiesa Dello Spirito Santo di Indicatore. Questo progetto nasce per la riqualificazione di una chiesa che doveva essere demolita. Grazie alla volontà del parroco Don Santi Chioccioli e alla determinazione dell’artista Andreina Giorgia Carpenito il lavoro di ristrutturazione artistica iniziato nel 1997 ancora prosegue. Andreina ha realizzato negli anni opere di grandi dimensioni: una pala d’ altare dedicata alla Pentecoste, le vetrate dipinte nell’abside dedicate alla Trinità (2004). Nel 2012 nasce l’ Associazione Culturale
Ezechiele APS che si occuperà dello stato di avanzamento e promozione del Mosaico.
Andreina Giorgia Carpenito, Gemme
2021
mosaico vetro specchiato
cm 15×15
Andreina Giorgia Carpenito
Nata a Sursee (Svizzera) il 16/11/1970, lavora ed opera ad Arezzo come libera professionista. Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Arezzo e l’Accademia delle Belle di Firenze. Dopo una carriera come artista e modellista e la partecipazione a mostre in Italia e all’estero, dal 1997 si occupa del cantiere del Mosaico della Chiesa Dello Spirito Santo di Indicatore. Questo progetto nasce per la riqualificazione di una chiesa che doveva essere demolita. Grazie alla volontà del parroco Don Santi Chioccioli e alla determinazione dell’artista Andreina Giorgia Carpenito il lavoro di ristrutturazione artistica iniziato nel 1997 ancora prosegue. Andreina ha realizzato negli anni opere di grandi dimensioni: una pala d’ altare dedicata alla Pentecoste, le vetrate dipinte nell’abside dedicate alla Trinità (2004). Nel 2012 nasce l’ Associazione Culturale
Ezechiele APS che si occuperà dello stato di avanzamento e promozione del Mosaico.
Andreina Giorgia Carpenito, Pensiero
2021
mosaico vetro specchiato
cm 15×15
Andreina Giorgia Carpenito
Nata a Sursee (Svizzera) il 16/11/1970, lavora ed opera ad Arezzo come libera professionista. Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Arezzo e l’Accademia delle Belle di Firenze. Dopo una carriera come artista e modellista e la partecipazione a mostre in Italia e all’estero, dal 1997 si occupa del cantiere del Mosaico della Chiesa Dello Spirito Santo di Indicatore. Questo progetto nasce per la riqualificazione di una chiesa che doveva essere demolita. Grazie alla volontà del parroco Don Santi Chioccioli e alla determinazione dell’artista Andreina Giorgia Carpenito il lavoro di ristrutturazione artistica iniziato nel 1997 ancora prosegue. Andreina ha realizzato negli anni opere di grandi dimensioni: una pala d’ altare dedicata alla Pentecoste, le vetrate dipinte nell’abside dedicate alla Trinità (2004). Nel 2012 nasce l’ Associazione Culturale
Ezechiele APS che si occuperà dello stato di avanzamento e promozione del Mosaico.
Andrea Facchini, ritratto di donna
olio su tela
cm 58,5×37,5 entro cornice
Andrea Facchini nasce a Terni nel 1950 da genitori emiliani, frequenta a Bologna il Liceo artistico e si trasferisce nel 1974 a Firenze. Dal 1980 risiede ad Arezzo.
Eminente e affermato ritrattista , il suo figurativo ha radici che si alimentano nelle più profonde sedimentazioni del profilo artistico italiano storico. Dalla statuaria etrusco-romana alle pitture murali di Castelseprio. Dal messaggio rinascimentale alle tavolette dei macchiaioli, al figurativo del primo ‘900, fino alle sperimentazioni futuriste. Ed ecco anche la fotografia, il filmato che diventa video e le rielaborazioni digitali. Strumenti e tecniche che non appartengono alla pittura ma che concorrono all’espressione del ‘figurare’.
Andrea Facchini, ritratto di uomo
foto ritoccata ad olio
cm 41,5×37,5 entro cornice
Andrea Facchini nasce a Terni nel 1950 da genitori emiliani, frequenta a Bologna il Liceo artistico e si trasferisce nel 1974 a Firenze. Dal 1980 risiede ad Arezzo.
Eminente e affermato ritrattista , il suo figurativo ha radici che si alimentano nelle più profonde sedimentazioni del profilo artistico italiano storico. Dalla statuaria etrusco-romana alle pitture murali di Castelseprio. Dal messaggio rinascimentale alle tavolette dei macchiaioli, al figurativo del primo ‘900, fino alle sperimentazioni futuriste. Ed ecco anche la fotografia, il filmato che diventa video e le rielaborazioni digitali. Strumenti e tecniche che non appartengono alla pittura ma che concorrono all’espressione del ‘figurare’.
Mario Nibbi,senza titolo
acrilico su carta
cm 18,5×26 entro cornice
Mario Nibbi ha sviluppato un proprio originale mondo creativo fin dall’età giovanile nella città di Cortona, dove è nato nel 1936, favorito dal contatto di vivaci stimoli culturali interni ed esterni al proprio nucleo familiare. Negli anni Sessanta esegue le prime opere di arte astratta e inizia le proprie esperienze nei settori dell’architettura e del design, collaborando con affermati studi tecnici pubblici e privati.
Segue poi negli anni Settanta un complesso periodo sperimentale, nel quale il Nibbi collabora alla progettazione di edifici scolastici destinati ad accogliere i bambini degli asili nido e delle scuole materne, introducendo il segno e il colore in funzione didattico-decorativa.
In seguito realizza un’ampia produzione di disegni e acquerelli, nonché alcune opere con tecniche diverse, in cui i temi trattati sono rappresentazioni di racconti fantastici trasformati in materia pittorica, servendosi di un originale alfabeto fatto di segni e impasti cromatici che possono essere ingranditi e trasferiti su edifici e spazi pubblici, partecipando a mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
Mario Nibbi, senza titolo
acrilico su carta
cm 23×32 entro cornice
Mario Nibbi ha sviluppato un proprio originale mondo creativo fin dall’età giovanile nella città di Cortona, dove è nato nel 1936, favorito dal contatto di vivaci stimoli culturali interni ed esterni al proprio nucleo familiare. Negli anni Sessanta esegue le prime opere di arte astratta e inizia le proprie esperienze nei settori dell’architettura e del design, collaborando con affermati studi tecnici pubblici e privati.
Segue poi negli anni Settanta un complesso periodo sperimentale, nel quale il Nibbi collabora alla progettazione di edifici scolastici destinati ad accogliere i bambini degli asili nido e delle scuole materne, introducendo il segno e il colore in funzione didattico-decorativa.
In seguito realizza un’ampia produzione di disegni e acquerelli, nonché alcune opere con tecniche diverse, in cui i temi trattati sono rappresentazioni di racconti fantastici trasformati in materia pittorica, servendosi di un originale alfabeto fatto di segni e impasti cromatici che possono essere ingranditi e trasferiti su edifici e spazi pubblici, partecipando a mostre personali e collettive in Italia e all’estero.